
Essere una psicoterapeuta ti porta, con l’esperienza, ad
affinare i sensi; non solo l’udito,
bensì lo sguardo: i colori, le forme, i gesti… Si notano maggiori sfumature che
sembrano impercettibili… E, in tal senso, le battute si sprecano “Ah! Ma,
allora, è vero… Leggi nel pensiero!”
Fortunatamente, ancora no… È “solo” che il training
quotidiano all’ascolto, soprattutto - come ci insegna Carl Rogers – di ciò che
non viene esplicitato dall’altro, ma subcepito (ibidem, 1951), comporta un’attenzione
naturale alle incongruenze, alle contraddizioni, ai cambiamenti – compresi quelli
più minimi – a tutto ciò che, in soldoni, un occhio e un orecchio non allenati non
saprebbero cogliere…
E, guardandomi attorno, ho notato un signore anziano seduto,
un po’ più in là, su una panchina. Un signore che sorrideva ad un mondo
distratto, chiuso nel suo guscio. Un uomo che, poi, smettendo di sorridere, si
è alzato e si è incamminato, arrancando… Se qualcuno, per caso, avesse scattato
un’istantanea della scena che sto descrivendo, avreste visto me – un’aliena -
che, in un mare di gente concentrata su di sé, stava seguendo con lo sguardo il
suo mesto allontanarsi.
Non posso sapere quali fossero i suoi pensieri, se fosse triste, preoccupato... Ma, nel mirarlo, mi sono immaginata tanti possibili scenari sulla sua vita, e tante ipotesi su dove stesse andando... Curioso, vero? Mi sono davvero interessata e calata nella sua esperienza con tutta l'intenzionalità possibile. Ho voluto così tanto concentrarmi
su quella persona anziana, da tralasciare il resto. Cioè, voglio dire: avrei potuto spostare l'attenzione sul bambino che era sulla giostra, sul barista, sui ragazzi che stavano parlando tra loro... E, invece, no... Proprio su quell'anziano, solo, che sorrideva mesto su quella panchina... E, probabilmente, la scelta non è stata casuale: è stata, ai miei occhi, proprio la "stonatura" - in termini di particolarità soggettiva e non certamente in termini di offesa, ci mancherebbe! - di quella presenza nella gestalt del momento a cogliermi di sorpresa, ad interrogarmi. Un soggetto tra individui. Un essere unico e irripetibile che riusciva a stagliarsi in un tutta la sua singolarità nel panorama, apparentemente monotono, di un sabato pomeriggio
E, l’empatia altro non è che questo: cogliere la Persona tra
la folla, l'unicità tra l'amalgama, l'ago nel pagliaio, l'oasi nel deserto, il neo minuscolo nella pelle diafana; dimenticarsi di sé, per far esistere appieno l’Altro; alienarsi, per
non alienare l’esperienza altrui. Divenire spettatori discreti, ma curiosi e
stupiti, dell’esistenza di un altro individuo; senza interferenze, né tantomeno
di giudizi da parte nostra.
Questo, perché “l’empatia dissolve l’alienazione” (Rogers,
1980)…
© Francesca Carubbi
psicologa e psicoterapeuta rogersiana
Autrice
www.psicologafano.com
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